Song of the day

16.6.06

Back to Pisa...


Una parola prima di tutto: Grazie!
Grazie a tutti di tutto quanto, sono contento di essere tornato per un weekend nella mai dimenticata Pisa, aver ritrovato molte persone importanti, averne conosciute di nuove, essere andato al mare e aver mangiato dell'ottima pizza. Circondato da una sensazione di familiarita` che non mi ha mai abbandonato (un po' come le care vecchie zanzare Pisane, che non hanno mancato di darmi il bentornato).
Non so davvero come ricambiare o ringraziarvi, tutti voi che ancora vivete a Pisa.
Probabilmente ci vedremo per la laurea di Pietro, quindi non mi resta che augurarci di vederci presto!

Jacopo

6.6.06

Home at last!

Sotto una bandiera a stelle e strisce in uno sperduto aeroporto della Virginia, sto aspettando l'imbarco dell'aereo che mi riportera` dal lato giusto dell'oceano.
Il problema e` che sono le nove meno dieci di sera e avrei dovuto partire alle tre di questo pomeriggio.
Liliana sostiene che anni e anni di Trenitalia dovrebbero averci reso immuni dallo stress da ritardo, pero` pero` pero` questa volta e` davvero troppo.
Tutto sembrava andare alla grande, a parte la pesantissima cappa d'umido che da qualche giorno ricopre la terra qui in America.
Il check in era andato via liscio, a parte qualche problema di comunicazione con il personaggio che parlava dall'altra parte del counter, stavo gia` in cerca di qualcosa da mangiare quando sento l'annuncio agli altoparlanti

"Giacòpo Dhi Simuà (ARGH) is kindly requested at the Delta ticket counter"

Nonostante le fitte allo stomaco per la fame e la orribile pronuncia del mio nome, mi sono rifatto la strada indietro per incontrare una armadia a quattro ante della security inveirmi contro perche' dovrei sapere che sono tenuto a non usare alcun tipo di lucchetto o combinazione sulla mia valigia.
Alla mia osservazione che non vi era alcun lucchetto e che la combinazione era quella che stava gia` in posizione, l'arrogante poliziotta mi intimava di produrre la chiave per aprire la mia valigia. Naturalmente non mi e` permesso di toccare il bagaglio in questione e dunque non c'era verso di convincerla della mia buona fede. Il colpo di genio e` stato il metodo Windows:

"Provi ad alzare e ad abbassare la levetta verde"

Grazie al cielo come tutti sanno, il metodo Windows con gli americani funziona.

Superata la security, a parte un pranzo terribile e un caffe` pessimo (che contavo davvero fosse l'ultimo, beata ingenuita`), si procede al primo imbarco.
Eravamo gia` sull'aereo che avrebbe dovuto portarci al JFK di New York, avevano gia` raccontato le solite favolette sulla sicurezza, avevano gia` raccomandato di allacciare le cinture, controllare che il sedile fosse in posizione verticale e il tavolino fosse ben chiuso. Io stavo gia` iniziando a sonnecchiare appoggiato al finestrino, quando la voce del comandante annuncia che a causa di problemi atmosferici a NY si stava verificando una congestione che ci avrebbe impedito di atterrare. Dunque tanto valeva non partire. Il problema, dicevano, si sarebbe risolto in non piu` di mezz'ora.
Beh, il fatto che io sia ancora incastrato all'International Airport Dulles vi potrebbe far sospettare che la storia non e` proprio proprio andata cosi`.
Dopo mezz'ora (di saporito sonno) il comandante ci comunica che la situazione non accenna a migliorare e l'aereo subira` un ritardo di almeno quattro ore.
Eravamo gentilmente pregati di uscire e andare a "enjoyare" l'accoglienza del club prima classe mentre trovavano una sistemazione per coloro che avecano connecting flight.
Ma come c'era da aspettarsi l'accoglienza del club si e` rivelata piuttosto sfigatella, in particolare ci hanno solo fatto assaggiare la loro gelida aria condizionata e non ci hanno offerto nemmeno un bicchiere d'acqua. In piu` naturalmente le persone messe a tenere a bada la torma inferocita si sono dimostrate alquanto inadatte e hanno presto cacciato tutti fuori a cercare una soluzione al ticket counter.
Dopo una attesa notevole, tra gente che doveva andare a Mosca e gente che doveva andare a Istanbul, mi hanno comunicato il mio nuovo itinerario: cambio di aeroporto (a mie spese! spilorci!) e volo dirottato per Parigi.
Dopo due ore di metropolitana e shuttle per arrivare all'altro aeroporto di Washington (che detto per inciso sta a 40 miglia e per arrivarci passi per altri due stati) mi ritrovo davanti al counter deserto della Delta. Urlando al miracolo mi ci tuffo scoprendo con mio sommo disappunto che il check in lo avrei dovuto fare al counter della Air France, davanti al quale ero gia` passato domandandomi in quale girone infernale mi stessi trovando. Un'ora in coda per il check in per scoprire che il mio biglietto e` considerato sospetto. Sospetto perche' non e` un round-trip, perche' e` stato acquistato poche ore prima del volo (ovvero a Novembre dell'anno scorso!), perche' passare da Parigi non e` proprio un percorso naturale.
In soldoni cio` implica che ho vinto un biglietto per un additional screening (senza peraltro scordare che me ne ero gia` cuccati un po' nel tentativo di prendere il precedente aereo). La parte piu` brutta arriva quando ti rinchiudono in una gabbia di vetro grande come una cabina del telefono e alta fino ai fianchi mentre ti aprono i bagagli e ti questionano su cosa ci sia dentro. Dopo aver appurato che il mio violino dentro e` vuoto e non contenga esplosivo al plastico, aver controllato tre o quattro volte il mio computer e la mia macchina fotografica, e` possbile per il sospetto uscire dalla cabina ed essere perquisito; come sono cari, il sospetto sara` perquisito da un membro del suo stesso sesso. Questo si e` un grande gesto di civilta`.
Annunciano ora l'imbarco.
Naturalmente soltanto in Francese.
Vive la France & God bless America!

Ora vedremo cosa mi capitera` in volo.

----

Il volo di per se si e` svolto piuttosto tranquillamente; l'unico particolare degno di nota la vicina supersize, ma talmente supersize che nemmeno si abbassava il bracciolo del sedile poiche' si bloccava sulla di lei gamba. Brrr.
Arrivati a Parigi ci si accorge che in realta` molti di coloro che stavano sull'aereo che non era partito erano stati dirottati su quel medesimo aereo per Parigi. E ci si accorge pure che pur di mandarci via in fretta, la compagnia aerea aveva prenotato delle coincidenze assolutamente imprendibili a Parigi, che nel mio caso era qualcosa come un'ora dall'atterraggio dell'intercontinentale al decollo del volo per Venezia. Fate conto che siamo riusciti a scendere dall'aereo circa cinque minuti prima che decollasse il mio volo, dunque io non avevo alcuna speranza di prenderlo.
Ma altri si, e quando l'autobus che avrebbe dovuto portarci al termine non ne voleva sapere di partire, la gente cominciava a rumoreggiare. L'autista naturalmente non ne voleva sapere di rispondere alle domande in inglese e si rifiutava categoricamente di dare un qualsiasi cenno
di assenso o di spiegazione, rinchiudendosi in un ostinato Je ne sais pas che per la maggiorparte dei Gringos non era esattamente sufficiente come risposta.
Una volta che l'autobus si mette finalmente in moto, la mia disavventura paperiniana volge finalmente al termine. Le operatrici dell'Air France sorridono al mio francese stentato, ma apprezzano lo sforzo e quando vedono galleggiare un enorme punto interrogativo sopra la mia testa, passano a parlarmi in un inglese altrettanto stentato, che gli viene sorriso indietro. Francia Italia 1-1. Comunque sia riescono a far uscire dal cappello un volo per il pomeriggio. Morale della favola arrivo a casa con otto ore di ritardo e molto da raccontare.

A presto

Jacopo